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Chi sono gli influencer: teorie e definizioni

 

Quella degli influencer è una categoria che da anni è sotto i riflettori.

Travel influencer, food influencer, fashion influencer… ce ne sono di tutti i tipi!

Una delle cose più divertenti che mi capita di leggere quando leggo le bio di un profilo social o blog è questa:

 

Professione: influencer.          

Influencer meme

Il motivo per cui in molti non riescono a prendere sul serio questa categoria è proprio per questi personaggi che tentano la scalata al successo nella maniere più disparate, improvvisandosi professionisti dell’ultima ora.

 

Tutti vogliono “diventare” influencer, ma cosa significa davvero esserlo?  

Nel 2018, durante i miei studi universitari, ho voluto approfondire la tematica con una tesi di laurea sull’influencer marketing.

Anche se già sui social era esplosa da anni la questione degli influencer, pochissime aziende erano, e sono tutt’ora, consapevoli di quanto potesse essere dannoso un approccio approssimativo a questa strategia comunicativa.  

Uno dei problemi più grandi che avevo notato era quello dei danni creati da fake influencers, bot e artifizi vari.

Ma ti pare che un’azienda non faccia un’analisi dei profili delle persone che ingaggia?

Quello che ti sto per dire è molto importante, perché ti farà capire di cosa stiamo parlando.

Le aziende coinvolte in queste cose non sono solamente piccole imprese, ma anche multinazionali e brand famosi.  

Ad esempio, è emerso in uno studio che Ritz Carlton aveva scelto influencer per la sua campagna di cui 78% risultavano essere profili falsi, ma anche Pampers aveva 1 influencer fake ogni 3 scelti.  

In altre parole, solo nel 2019 i danni causato alle aziende ammontavano a 1,3 milioni di dollari!

 

È evidente che c’è qualcosa che non va.

Molti si reputano essere in grado di esercitare una influenza sui logo seguaci senza avere una chiara idea di chi sia il loro pubblico di riferimento e i valori comunicati.  

Pensano che diventare influencer voglia dire avere migliaia di followers o essere famosi.  

Lascia che ti dica una cosa…  

 

Essere influenti non ha nulla a che fare con queste cose.  

Il concetto di influencer non è una novità nel panorama della comunicazione e non dipende da quanti followers ha una persona.  

Ma allora, chi sono gli influencer?              

Per rispondere alla domanda, in questo articolo analizzerò in maniera approfondita i principi dell’influenza sociale e di come sia cambiato il modo di comunicare durante questi ultimi decenni.

1.1 Chi sono gli influencer?  

Influencer sono tutti i vip che sui social sponsorizzano i loro prodotti e hanno tanti followers.      

Questa è una frase che sento molto spesso e che è assolutamente sbagliata.  

 

Ho provato a googlare “influencer” e queste sono alcune delle definizioni più rilevanti che ho trovato:

Qualcuno che influisce o cambia il modo in cui le altre persone si comportano”    

Individui che hanno il potere di influenzare le decisioni d’acquisto grazie alla loro (reale o percepita) autorità, conoscenza, posizione o relazioni.”    

Un individuo che ha un seguito in una particolare nicchia, la quale coinvolge attivamente. La quantità dei seguaci dipende dalla dimensione della nicchia di mercato.”      

Come puoi vedere, queste definizioni sono diverse tra di loro ma mettono in luce degli elementi che ci aiutano a inquadrare l’influencer.

In particolare, le caratteristiche che deve avere sono:

  • Autorevolezza; senza dubbio è una delle principali caratteristiche.

Tutti coloro che esercitano un’influenza, lo fanno in virtù della considerazione che i suoi interlocutori hanno di lui.  

Ma che vuol dire essere autorevoli?  

Si può definire come la tendenza di una persona a conformarsi con persone che ricoprono posizioni di autorità, come leader politici, rappresentanti delle forze dell’ordine, medici, avvocati, professori e altri esperti percepiti in diversi campi.” 

Pensa un attimo ai tuoi amici o parenti…  

In realtà, in un modo o nell’altro esercitano su di te un’influenza grazie alla fiducia che riponi in loro, oltre che all’autorevolezza su specifiche materie. Infatti, il 90% delle persone si fida delle opinioni di un amico a proposito di un brand.   

Non sempre però, il personaggio autorevole deve configurarsi in quello super esperto.    

 

Affinché lo sia, c’è bisogno di:

-Competenza nell’argomento che si sta trattando con neutralità e trasparenza,

– Essere apprezzati dal target di riferimento,

-Essere sempre aggiornati sulla propria tematica, in modo da essere considerati dei punti di riferimento in ogni momento.  

  • Conoscenza; una figura autorevole non può diventare tale se non conosce l’argomento che sta trattando in modo approfondito.
  • Posizione; la centralità del posizionamento in un network di persone collegate dall’interesse su uno stesso tema in grado di rendere più recettivi i messaggi veicolati.
  • Relazioni; avere una solida relazione con un gruppo di seguaci è fondamentale.

 

Dopo aver esaminato nel dettaglio le caratteristiche di un influencer, possiamo dunque definire gli influencer:

 In grado di influenzare una particolare audience attraverso messaggi o opinioni grazie alla loro reputazione e credibilità, la quale li rende una fonte informativa attendibile.  

Tutto qui? Assolutamente no!

Nella definizione appena scritta, viene detto che una persona influente deve essere anche credibile.

Tuttavia, in che modo possiamo sostenere che una persona lo sia veramente?  

Ancora una volta, dobbiamo affidarci alle definizioni teoriche.

La credibilità può essere descritta come una qualità percepita che dipende essenzialmente da due dimensioni: affidabilità percepita e competenza percepita.  

Inoltre, si divide in quattro categorie

  • credibilità presunta: fondata su preconcetti, ipotesi e stereotipi che generano delle aspettative sulla credibilità;
  • credibilità superficiale: una semplice ispezione basata su esperienze dirette dei tratti superficiali. Questo è il caso di una presentazione di dati che, se fatta attraverso rappresentazioni visive, avrà una maggiore efficacia;
  • credibilità stimata: si basa sui riconoscimenti ottenuti da fonti o testimonianze terze;
  • credibilità guadagnata: si ottiene nel tempo attraverso il soddisfacimento dei bisogni degli utenti basandosi sulle leve dell’onesta e affidabilità.

1.2 La perdita di credibilità dei mass media

Post verità.

Sono sicuro che avrai sentito almeno una volta questo termine.  

Nell’ultimo decennio abbiamo visto diffondersi sempre più le fake news e la disinformazione, con un impatto notevole sulla credibilità della comunicazione soprattutto dei mass media.  

Le fonti autorevoli che prima avevano un potere di influenza sulla massa, come giornalisti ed analisti, hanno registrato un declino con il passare degli anni.    

Perdita di credibilità di giornalisti ed analisti
 La perdita di capacità di giornalisti ed analisti. © Influencer50 2007        

La tv o i quotidiani, che una volta venivano considerate le élite dell’informazione, hanno accusato una perdita di credibilità.

Ma come siamo arrivati a questo punto?
E verso quali figure si è spostata la fiducia?  

Quello che è successo negli ultimi anni è una sorta di capovolgimento del meccanismo di influenza sociale: uno studio condotto da “Edelman Trust Barometer” ha indagato la fiducia nei confronti di imprese, istituzioni, ONG e media.  

Dai risultati emerge che le persone, nell’85% dei rispondenti, pongano maggiore fiducia nei loro simili piuttosto che persone delle istituzioni o un CEO. 

Nel 2016 il potere d’influenza rilevato era in mano alla massa rappresentata dall’85% della popolazione globale, e non più all’élite costituita da persone con una formazione universitaria o un alto livello di reddito e istruzione.

 

Questo stravolgimento dell’influenza sociale è avvenuto parallelamente alla nascita dei social media e blog.  

Le piattaforme social hanno acquisito una credibilità grazie alla loro peculiarità di fondarsi sulla comunicazione tra pari detta anche “peer communication”.

Infatti, sempre in uno studio di Eldeman Trust, il 75% sostiene di aver compiuto una decisione riguardo un brand basandosi sulla conversazione di un suo pari mentre per il 75% degli intervistati, amici e parenti risultano essere credibili. 

Focalizzando l’attenzione sui contenuti social, una ricerca sulla digital transformation ha rilevato che in Italia il 49% degli utenti di internet considera irrilevanti i contenuti nei social media delle aziende.

Indagine sulla credibilità Edelman Barometer - influencer
Indagine sulla credibilità. Edelman Trust Barometer, 2015.  

2.2 L’evoluzione di un fenomeno già visto

Pensi che gli influencer siano nati oggi grazie ai social media?

Lascia che ti spieghi…  

Già nell’era pre-internet molti personaggi, soprattutto nei tradizionali mass media come riviste di settore o gionali, erano in grado di influenzare la loro audience.  

Basti pensare ai leader, analisti o esperti di settore: grazie alla loro qualifica ed esperienza su un determinato settore, comunicano nuovi trend ed andamenti in una specifica nicchia.  

Anche un giornalista,  tramite la redazione di un articolo su un quotidiano rilevante, veicola un messaggio ad una platea spesso in modo organico. 

Come puoi vedere stiamo parlando di figure che sono sempre esistite, tanto che questo tipo di modello di comunicazione è stato analizzato da Lazarsfeld, Berelson e Gaudet nel lontano 1944.

Questi studiosi elaborarono la teoria del flusso a due fasi di comunicazione.

In questo modello, il messaggio emanato dai mass media non ha più un’influenza diretta sulle masse come avveniva per il modello unidirezionale tipico delle dittature, ma esiste un flusso comunicativo che andrebbe dai media agli opinion leader, ossia personaggi in grado di influenzare l’opinione pubblica, per poi essere interpretato e diffuso alle masse secondo le opinioni degli stessi.      

 

Teoria del flusso comunicativo a due fasi
Teoria del flusso comunicativo a due fasi di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet. Trendjackers.

2.4 Il cambiamento della comunicazione aziendale

I social media hanno quindi sconvolto i flussi di comunicazione tra azienda e audience: il modello di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet appena descritto risulta così essere superato.

Come viene rappresentato nel grafico successivo, si sono sviluppate delle relazioni tra le persone che hanno depotenziato in un certo senso gli opinion leader dei media tradizionali, considerati all’epoca le uniche vie per influenzare le masse.

È la cosiddetta comunicazione one to many che vede coinvolti più soggetti che si scambiano informazioni.

Il messaggio emanato dai mass media non è più veicolato esclusivamente attraverso gli opinion leader, ma da una combinazione simbiotica tra social influencer e passaparola.  

Flusso revisionato della comunicazioneVersione revisionata della teoria del flusso a due fasi di comunicazione. Trendjackers, 2017.    

Ora prova a fare questa cosa…

Immaginati di essere un manager aziendale che si è approcciato sempre in maniera tradizionale alla comunicazione.

Prova per un attimo a metterti nei panni di un’azienda.

Come puoi controllare i contenuti del messaggio veicolato su internet?

Diventa praticamente impossibile!

 

Guardando questo meccanismo comunicativo dal punto di vista dell’azienda, controllare i contenuti del messaggio veicolato diventa impossibile.

Forum, blog, social network e molte altre piattaforme diventano il luogo di scambio di opinioni e pareri tra consumatori che diventano sempre più consapevoli dei loro acquisti.  

Questo diventa un aspetto critico da affrontare: vista l’assenza di controllo da parte del brand su questi mezzi, come può divulgare un determinato messaggio in un preciso mercato target?

Non solo…  

Come può garantirsi la diffusione veloce di quel messaggio in un gruppo di persone che condividono stessi interessi o passioni?

Una delle risposte è quella di affidarsi a quelle persone che riescono a far presa su certe audience in maniera genuina.

Si, sono proprio gli influencer!

 

 Fonti:

 

  • Therese Fessenden, Il principio dell’autorità. Disponibile su: https://www.nngroup.com/articles/authority-principle/
  • FOGG, B. J., 2005. Tecnologia della persuasione: un’introduzione alla captologia, la disciplina che studia l’uso dei computer per influenzare idee e comportamenti.
  • Fogg, BJ & Marshall, Jonathan & Laraki, Othman & Osipovich, Alex & Varma, Chris & Fang, Nicholas & Paul, Jyoti & Rangnekar, Akshay & Shon, John & Swani, Preeti & Treinen, Marissa. (2001). What Makes Web Sites Credible? A Report on a Large Quantitative Study. Proc. CHI. 3. 61-68. 10.1145/365024.365037.
  • BUSOLINI, F. e LESA, G. La persuasione nei siti web [online]. Università degli Studi di Udine. Disponibile su https://users.dimi.uniud.it/~giorgio.brajnik/dida/ux/relazioni/persuasione-busolini-lesa-2011.pdf

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